Di recente, il TAR Lombardia si è trovato a decidere in due distinti casi sulla legittimità della scelta dell’ente appaltante di non suddividere la gara in lotti. Nelle motivazioni delle sentenze, si rintraccia un interessante approfondimento sulle caratteristiche della motivazione che l’ente è tenuto a fornire in caso di organizzazione dell’appalto in lotto unico.
Nel primo caso, deciso con la sentenza n. 2329 del 16.10.2023, parte ricorrente lamentava che la scelta di organizzare l’appalto in un unico lotto avrebbe consentito la partecipazione al solo gestore uscente, in violazione del principio di concorrenza.
L’ente appaltante, dal canto suo, aveva giustificato la scelta di organizzare l’appalto in un unico lotto con apposita relazione, che ne studiava l’impatto sotto i seguenti profili: economico, rispetto all’economia di scala; econometrico, rispetto ai dati statistici nazionali; qualitativo, rispetto alle aspettative della città; empirico, basato sull’analisi di esperienze di affidamenti analoghi; benchmark con realtà analoghe.
Il Tribunale ha rigettato il ricorso stabilendo che la motivazione addotta dall’ente era adeguata ai sensi dell’art. 58, D.Lgs. 36/2023, secondo comma, in quanto idonea a comprovare che l’organizzazione in unico appalto, seppur limitativa della concorrenza, rispondeva a una maggiore efficienza nell’affidamento ed esecuzione dell’appalto.
Ciò, in conformità con quanto disposto dall’art. 1 del d.lgs. n. 36/2023, che stabilisce che “La concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti” ed attribuisce, dunque, al principio della concorrenza un ruolo funzionale rispetto al principio del risultato.
Pochi mesi dopo, con la sentenza n. 1425/2023 Reg. Ric., il Tar Lombardia si è trovato a decidere nuovamente sul tema della deroga alla regola della suddivisione in lotti.
In questo caso, tra le prestazioni oggetto della procedura, organizzata in lotto unico, compariva anche il recupero della frazione organica dei rifiuti urbani, attività che, in base alla disciplina di gara, avrebbe dovuto essere effettuata da un soggetto individuato tramite accordi commerciali di diritto privato direttamente dall’operatore economico affidatario del servizio di igiene urbana.
Stavolta, la scelta della mancata suddivisione in lotti è stata reputata dal TAR illegittima: la motivazione addotta dall’ente, innanzitutto, risultava solo apparente, in quanto non indicava i vantaggi economici e/o tecnico – organizzativi derivanti dall’opzione del lotto unico e le ragioni per cui detti obiettivi siano prevalenti sull’esigenza di garantire l’accesso alle pubbliche gare a un numero quanto più ampio di imprese (cfr. TAR Campania, Napoli, Sez. V, 6.03.2019, n. 1276; TAR Lazio, Roma, Sez. III, 5.11.2019, n. 12667; Cons. di Stato, Sez. III, 21.03.2019, n. 1857).
Le previsioni della lex specialis, a detta del Collegio, erano particolarmente limitative della concorrenza in quanto precludevano a un intero segmento del mercato (quello del recupero della FORSU) di partecipare alla gara.
L’affidamento diretto del servizio di recupero della FORSU avrebbe infatti consentito all’impresa aggiudicataria di agire in regime totalmente privatistico nell’individuazione del soggetto deputato all’esecuzione di una delle prestazioni rientranti nel servizio complessivamente posto a gara.
Peraltro, dal momento che la FORSU, pur costituendo ab origine un rifiuto, possiede un proprio riconosciuto valore commerciale quale “bene” soggetto a libera circolazione nel mercato di riferimento non è possibile affidarne il recupero a un soggetto individuato direttamente dall’operatore economico aggiudicatario, senza una preventiva gara avente a oggetto quella determinata attività, consentendo a quest’ultimo di utilizzare detto materiale come fosse di sua proprietà esclusiva (cfr. TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 26.10.2022, n. 2344).
Un ulteriore motivo di illegittimità, secondo il Collegio, è costituito dalla circostanza che in base alla disciplina del Capitolato, “il corrispettivo per i servizi di recupero e/o smaltimento dei rifiuti gestiti nell’ambito del presente appalto [sarebbe stato] compreso nel canone d’appalto (onnicomprensivo)”; in tale dinamica, il corrispettivo versato all’aggiudicatario sarebbe stato svincolato dall’effettiva tariffa applicata dall’operatore economico titolare dell’impianto di trattamento selezionato per l’attività di recupero, per cui l’aggiudicatario medesimo avrebbe beneficiato delle economie eventualmente derivanti da accordi commerciali particolarmente vantaggiosi con il gestore dell’impianto.
Dal momento che l’organizzazione in lotto unico determinava tutte le elencate distorsioni e, soprattutto, precludeva a un intero segmento del mercato di partecipare alla gara, secondo il TAR, l’ente avrebbe dovuto fornire una motivazione “rinforzata”: “l’onere motivazionale, pur nel rispetto del principio di proporzionalità, deve essere tanto più pregnante quanto più la mancata suddivisione in lotti dell’appalto si presenti idonea, come nella fattispecie, a sacrificare la concorrenza in un determinato settore del mercato” (cfr. anche TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 24.04.2023, n. 1012).